Promessa anarchica

facciamo un patto
il patto di un incontro fugace
di uno scontro innocente e devastante
tenero e disturbante

del colore dell’arcobaleno
o dell’ultravioletto o dell’infrarosso
di certo non dei raggi gamma, forse di quelli X

più o meno così

se vedo una rosa articolata e complessa
di un colore intenso e profondo
come l’abisso dietro il tuo sguardo

o i fiori gialli di un albero
che certificano un’altra primavera
annunciando la disponibilità generosa
a disperdere i propri frutti

o un narciso sfiorito,
o il rosso del sangue tra impronte di volpe
sul biancore di una neve vecchia
in un giardino crudele e selvaggio

o l’onda che si allontana e lascia un vuoto
che tutto appiattisce poi torna leggera
ravvivando i colori grigi sbiancati dal sole

o una donna che combatte disperata
intravedendo ancora vita e una possibilità
in mezzo a segni di morte secca
oppure per morire
dando alla vita ancora un colore

la tengo nelle mani delle emozioni

non te la invio

e tu quando guardi la luna
no no quando guardi le stelle
no quando guardi il buio del cielo nero
ancora no

no tu non saperlo non attenderlo
se non quando scorgessi quel colore

ma se quel buio ti sorprendesse
silenzioso e vuoto
soffermati su quella rosa, su quell’albero,
sul narciso e la neve
lasciati cullare dal mare
o appesa ad una sequoia
dal vento

Un sasso

.
in questo cammino a piedi scalzi
sui sassi tondi della Piave
i piedi faticano a dirigere
la sinfonia dell’equilibrio
di questo pendolo inverso che sono io

compensano inclinazioni
cercando tangenti orizzontali
e supporti piani e stabili

tra tanti un sasso
lo sguardo
lo prendo
lo osservo
lo rigiro più volte
lo accarezzo
sento il calore del sole
che ora sparisce dietro
la nuvola del Serva

lo sguardo

ve lo passo
e voi come me
lo rigirate nelle mani
scrutandolo
decifrandolo
quasi scomponendolo

lentamente
lo rimetto giù
tra i tanti

il mio lavoro
, il nostro ,
tutto in quel
riposizionamento

altri cammineranno
e lo troveranno così

l’acqua lo investirà
trovandolo così
e così trovandolo
lo solleverà lo rigirerà
così.

Così farà di quel sasso
perchè così era stato riposto

La Piave scorrerà
diversa

Singolari

.
il fascino
di simulare discretamente
fenomeni complessi
esibire descrizioni
e brillanti previsioni

.

Il bosco era fitto
procedevamo al buio
in una notte senza luna

la luce apparve all’improvviso
entusiasta e sorpreso
ci vide il fascino
stereotipato della metafora
che la fa corrispondere
a speranza imprevista
a fausto presagio
a luce nella notte
a luce in fondo al tunnel
a luce che illumina

più realisticamente
quella intensa luce
forte
bassa
concentrata
ci abbagliava
impedendoci di percepire
quei minimi indizi
quelle sfumature nel fondale nero
quei contrasti lievi
quelle singolarità nell’uniforme
che ci permettevano di riferirci
appoggiare la mente
vedere qualcosa
sentiero e rami

singolarità distinte nel buio indistinto

fu la luce che tolse profondità
al nostro vedere

così il big data
la realtà discreta

illumina togliendo
la profondità

brilla

romanticamente
ti dono il frutto del big data
dicendoti “non è questo”
non è questo

non è questo

non è

.
._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ .
.

risonando da Miguel Benasayag, “Funzionare o Esistere?”, Vita e Pensiero, 2019
in particolare la pagina 41 per il riferimento ai romantici tedeschi e la pagina 46 per la rappresentazione discreta della realtà

Funzionare o esistere?

Luna vecchia

Ripiego con cura il foglio dove ho scritto l’ultimo atto.
Stanco, andrei a dormire.
Da una finestra che guarda a oriente intravedo che fuori non è più buio.

Esco.

La sottile falce di una stanca luna sorge dalle creste basse sull’orizzonte dell’Alpago nella notte che muore.

Un cielo limpido poco illuminato dall’aurora si fregia di un giove brillante, mentre a occidente nuvole basse testimoniano di una tempesta ormai passata.

Tre teste bianche di anatre immobili mi guardano con compassione.
Un ummugumma di uccelli in controcanto mi riempie la testa quasi assordandomi; nello sfondo di questa cacofonia riconosco lontani il verso di un cuculo e il canto di un gallo.

Foglie d’alberi fremono nel vento tiepido.

Tutto è banale. Nulla ha un senso. Non ci sono colori. Solo fredda poesia spremuta.

La luna non sente il mio urlo e procede nella sua lenta corsa. Per un attimo mi pare acceleri verso la sua fine.

Io disilluso rientro.

Polpet, 18 maggio 2020

Specchi

due specchi si guardano
una ragazza
un padre
lei la sua immagine
lui il soggetto che l’ammira
violento un vento freddo da nord gli specchi cadono
si rialzano si guardano
l’immagine rotta
il padre l’aggiusta cambia corregge
modello il suo ricordo
lei urla
lui si dispera
riflette
vede sè davanti allo specchio
lavora aggiusta si sistema
lui

il riflesso di lei

#gemsfromlockdown 22/03/2020

Stopanywar

Se verrà la guerra, Marcondiro’ndero
se verrà la guerra, Marcondiro’ndà
sul mare e sulla terra, Marcondiro’ndera
sul mare e sulla terra chi ci salverà?

Ci salverà il soldato che non la vorrà
ci salverà il soldato che la guerra rifiuterà.

 

Ci sono troppe buche, Marcondiro’ndera
ci sono troppe buche, chi le riempirà?
Non potremo più giocare al Marcondiro’ndera
non potremo più giocare al Marcondiro’ndà.

E voi a divertirvi andate un po’ più in là
andate a divertirvi dove la guerra non ci sarà.