brilla
vicina
la fiamma di una candela
lontano
altre stelle
mute
attendono
trepidanti
fiduciose
il tuo sguardo
Caresà, 26 dicembre 2022
brilla
vicina
la fiamma di una candela
lontano
altre stelle
mute
attendono
trepidanti
fiduciose
il tuo sguardo
Caresà, 26 dicembre 2022
facciamo un patto
il patto di un incontro fugace
di uno scontro innocente e devastante
tenero e disturbante
del colore dell’arcobaleno
o dell’ultravioletto o dell’infrarosso
di certo non dei raggi gamma, forse di quelli X
più o meno così
se vedo una rosa articolata e complessa
di un colore intenso e profondo
come l’abisso dietro il tuo sguardo
o i fiori gialli di un albero
che certificano un’altra primavera
annunciando la disponibilità generosa
a disperdere i propri frutti
o un narciso sfiorito,
o il rosso del sangue tra impronte di volpe
sul biancore di una neve vecchia
in un giardino crudele e selvaggio
o l’onda che si allontana e lascia un vuoto
che tutto appiattisce poi torna leggera
ravvivando i colori grigi sbiancati dal sole
o una donna che combatte disperata
intravedendo ancora vita e una possibilità
in mezzo a segni di morte secca
oppure per morire
dando alla vita ancora un colore
la tengo nelle mani delle emozioni
non te la invio
e tu quando guardi la luna
no no quando guardi le stelle
no quando guardi il buio del cielo nero
ancora no
no tu non saperlo non attenderlo
se non quando scorgessi quel colore
ma se quel buio ti sorprendesse
silenzioso e vuoto
soffermati su quella rosa, su quell’albero,
sul narciso e la neve
lasciati cullare dal mare
o appesa ad una sequoia
dal vento
il coraggio di perdersi totalmente al di là del confine della vita
per trovarsi di nuovo vivo al di là dello specchio della morte
.
in questo cammino a piedi scalzi
sui sassi tondi della Piave
i piedi faticano a dirigere
la sinfonia dell’equilibrio
di questo pendolo inverso che sono io
compensano inclinazioni
cercando tangenti orizzontali
e supporti piani e stabili
tra tanti un sasso
lo sguardo
lo prendo
lo osservo
lo rigiro più volte
lo accarezzo
sento il calore del sole
che ora sparisce dietro
la nuvola del Serva
lo sguardo
ve lo passo
e voi come me
lo rigirate nelle mani
scrutandolo
decifrandolo
quasi scomponendolo
lentamente
lo rimetto giù
tra i tanti
il mio lavoro
, il nostro ,
tutto in quel
riposizionamento
altri cammineranno
e lo troveranno così
l’acqua lo investirà
trovandolo così
e così trovandolo
lo solleverà lo rigirerà
così.
Così farà di quel sasso
perchè così era stato riposto
La Piave scorrerà
diversa
.
il fascino
di simulare discretamente
fenomeni complessi
esibire descrizioni
e brillanti previsioni
.
Il bosco era fitto
procedevamo al buio
in una notte senza luna
la luce apparve all’improvviso
entusiasta e sorpreso
ci vide il fascino
stereotipato della metafora
che la fa corrispondere
a speranza imprevista
a fausto presagio
a luce nella notte
a luce in fondo al tunnel
a luce che illumina
più realisticamente
quella intensa luce
forte
bassa
concentrata
ci abbagliava
impedendoci di percepire
quei minimi indizi
quelle sfumature nel fondale nero
quei contrasti lievi
quelle singolarità nell’uniforme
che ci permettevano di riferirci
appoggiare la mente
vedere qualcosa
sentiero e rami
singolarità distinte nel buio indistinto
fu la luce che tolse profondità
al nostro vedere
così il big data
la realtà discreta
illumina togliendo
la profondità
brilla
romanticamente
ti dono il frutto del big data
dicendoti “non è questo”
non è questo
non è questo
non è
.
._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ . _ ._ .
.
risonando da Miguel Benasayag, “Funzionare o Esistere?”, Vita e Pensiero, 2019
in particolare la pagina 41 per il riferimento ai romantici tedeschi e la pagina 46 per la rappresentazione discreta della realtà
non ho promesse
ho intenzioni
non ho strade
ho direzioni
Ripiego con cura il foglio dove ho scritto l’ultimo atto.
Stanco, andrei a dormire.
Da una finestra che guarda a oriente intravedo che fuori non è più buio.
Esco.
La sottile falce di una stanca luna sorge dalle creste basse sull’orizzonte dell’Alpago nella notte che muore.
Un cielo limpido poco illuminato dall’aurora si fregia di un giove brillante, mentre a occidente nuvole basse testimoniano di una tempesta ormai passata.
Tre teste bianche di anatre immobili mi guardano con compassione.
Un ummugumma di uccelli in controcanto mi riempie la testa quasi assordandomi; nello sfondo di questa cacofonia riconosco lontani il verso di un cuculo e il canto di un gallo.
Foglie d’alberi fremono nel vento tiepido.
Tutto è banale. Nulla ha un senso. Non ci sono colori. Solo fredda poesia spremuta.
La luna non sente il mio urlo e procede nella sua lenta corsa. Per un attimo mi pare acceleri verso la sua fine.
Io disilluso rientro.
Polpet, 18 maggio 2020
il riflesso di lei
Se verrà la guerra, Marcondiro’ndero
se verrà la guerra, Marcondiro’ndà
sul mare e sulla terra, Marcondiro’ndera
sul mare e sulla terra chi ci salverà?
Ci salverà il soldato che non la vorrà
ci salverà il soldato che la guerra rifiuterà.
Ci sono troppe buche, Marcondiro’ndera
ci sono troppe buche, chi le riempirà?
Non potremo più giocare al Marcondiro’ndera
non potremo più giocare al Marcondiro’ndà.
E voi a divertirvi andate un po’ più in là
andate a divertirvi dove la guerra non ci sarà.
Vinco domani